Un pugno di mosche, un noir minimalista, rurale, soffocante.
«Conoscevo molto bene la sensazione della melma, una sensazione dolce e ripugnante allo stesso tempo. Aveva fatto parte di tutta la mia infanzia».
Quando Laurent Malèvre torna dopo molti anni al cupo paese natale – un “buco dimenticato, in mezzo al nulla” – per le nozze della cugina, trova ad accoglierlo un passato in frantumi, da cui è stato allontanato ancora bambino e che non può o non vuole davvero affrontare.
Aleggia su questo umido scorcio di campagna francese, intorno a segreti irrivelabili, un male sottile e diffuso, che contamina le cose dal di dentro, così come gli insetti – moscerini, zanzare, mosche – ronzano tra le pieghe di una realtà sull’orlo della decomposizione.
Il protagonista si aggira circospetto, già troppo ferito: sembra dribblare la tristezza in cerca di una possibile normalità. Ma anche lui oscilla fra detto e non detto, a cominciare dall’amica Claire, che presenta a tutti come Constance, la compagna incinta. Con il procedere delle pagine, e il montare della suspense, tra il fondale limaccioso del lago e il labirinto del bosco, scopriremo che il vero segreto non è là dove lo stavamo cercando, e che nessuno è salvo.
«Dalla prima riga, il lettore è bloccato come l’insetto sulla carta moschicida».
Liberation
L’autore
Vincent Almendros è nato nel 1978 ad Avignone. Insegnante di francese e regista, ha pubblicato oltre a Un pugno di mosche, uscito nel 2018, Ma chère Lise (2011) e Un été (2015, prix Françoise Sagan), tutti con Editions de Minuit.