Eccola, questa voce trascurata e oppressa da solitudine, malattia, guerra. 

Affaticata, roca, sporca e senza fascino, eppure intimamente mia, la testimone più attendibile di chi sono io e del luogo in cui mi trovo, nel percorso tortuoso che intreccia i fili della mia vita. Ho scelto di leggere alcune di queste pagine senza “lavorarle”, senza preparare la voce, mostrandola per quello che è, e dunque mostrandomi per quella che sono. Si riconosce il grande bisogno di pratica, di incontro con altre voci, si sentono la fatica e anche il Covid, che proprio in questi giorni mi è compagno.

Leggo, oggi, con questa sporca voce come in un dialogo sommesso tra me e me, aperto alle orecchie di chi ha voglia di ascoltare. Solo perché è giusto che sia così, forse: quando resta poco, si offre quello che resta agli altri e alla pratica che pazientemente trasforma. 

E anche perché so che se non avessi questa voce morirei.